
Il territorio Agordino, come buona parte della Provincia di Belluno è costituito da una geologia complessa e varia, da cui derivano lineamenti morfologici altrettanto complessi ed elevata energia del rilievo.
Tale ambiente è caratterizzato da fenomeni geodinamici molto attivi, che si manifestano periodicamente sottoforma di frane e dissesti di vario genere, inducendo rischio e danni ad abitati ed infrastrutture.
In particolare, nell’Agordino parte degli abitati e delle infrastrutture viarie sono ubicati al piede di pareti rocciose e versanti soggetti a periodico distacco e caduta massi. L’esempio del crollo di Listolade, anche se eccezionale riguardo alcuni aspetti, documenta la pericolosità del fenomeno e l’importanza di conoscenze territoriali più dettagliate riguardo questa tipologia di dissesto.
Il rischio geologico delle pareti rocciose
Il rischio geologico delle pareti rocciose è legato eminentemente alla caduta di massi, fenomeno che si verifica con varia frequenza su qualsiasi scarpata esistente al mondo, ma in modo particolarmente pericoloso nell’area dolomitica, diffusamente urbanizzata, geologicamente attiva e dotata di rilievi con grande sviluppo verticale.
Approfondendo il problema attraverso una analisi storica si nota, una distribuzione assai uniforme delle frane di roccia, ed in particolare dei crolli, negli ultimi tre secoli. Ciò sta a significare che le frane di roccia sono la naturale manifestazione dell’evoluzione geomorfologica delle pareti rocciose, che è sempre avvenuta in passato, in rapporto all’andamento climatico, e che si verificherà sempre in futuro, con regime variabile, non prevedibile.
Giacchè il territorio montano è caratterizzato da numerosi abitati, lunghi tratti stradali e numerose altre infrastrutture, ubicati al piede delle pareti rocciose, ne consegue che il rischio da caduta massi è molto elevato.
Un esempio di caduta massi assai particolare per modalità dell’evento e dimensioni dei massi che hanno raggiunto il fondovalle, è costituito dai crolli di Listolade del giugno 2002 e dell’agosto 2005.
INQUADRAMENTO TOPOGRAFICO
L’area in esame è ubicata sul versane montuoso in destra idrografica del T. Cordevole, presso l’abitato di Listolade nel Comune di Taibon Agordino (BL).
In particolare la zona di interesse si sviluppa lungo il fianco est del Corno del Bus (Prima pala di S. Lucano), tra q. 666 m s.l.m. (fondovalle) e 1400 m s.l.m (coronamento della nicchia di distacco).
INQUADRAMENTO GEOLOGICO E GEOMORFOLOGICO
I lineamenti morfologici generali dell’area in esame sono principalmente connessi all’esarazione glaciale würmiana, ai quali si sono sovrimposte le attività morfogenetiche postglaciali, quali frane sui versanti, erosione torrentizia di versante, attività erosiva ed alluvionale nel fondovalle da parte del T. Cordevole.
La morfogenesi glaciale è meglio conservata sulla parte alta del versane in esame, mentre la parte intermedia è stata interessata da processi morfogenetici postglaciali, quali grandi frane per dislocazione in massa della roccia ed accumulo di depositi detritici grossolani in forma di falda e conoide in seguito sia a fenomeni di crollo, sia ad attività erosiva occasionale.
La morfologia del fondovalle è modellata dall’attività fluviale del T: Cordevole.
In particolare si possono distinguere le seguenti fasce geomorfologiche:
- La parte alta del versante tra q. 2069 m s.l.m. (Corno del Bus) e q. 1600 m s.l.m.: è caratterizzata da pareti rocciose subverticali di Dolomia dello Sciliar (Ladinico).
- Da q. 1600 m s.l.m. si sviluppa un solco erosivo occasionale, che in parte è origine della conoide detritica che ricopre il versante fino al fondovalle.
- A nord la direttrice erosiva è delimitata dalla dorsale rocciosa di Zei de Forca, caratterizzata da un ammasso roccioso grossolanamente disarticolato per antico scoscendimento in massa postglaciale, fino a q. 850 m s.l.m. Al piede delle scarpate rocciose il raccordo con la piana alluvionale del T. Cordevole avviene tramite una falda detritica, mediamente inclinata. Sulla parte alta di questa dorsale rocciosa è ubicata la nicchia di distacco della frana in esame.
- Lungo il solco erosivo ed a sud dello stesso si sviluppa una falda detritica, localmente a forma di conoide, ad andamento piuttosto regolare, inclinata di 28°, costituita da grossi massi ciclopici, blocchi e ghiaia, accumulati per antiche frane di crollo. Il materiale più fine (blocchi, ciottoli e ghiaia) è stato in parte rimaneggiato dalla periodica attività erosiva della direttrice di drenaggio
- Al piede della falda detritica si sviluppa il fondovalle alluvionale del T .Cordevole.
Sul versante ed al piede dello stesso sono presenti massi ciclopici in parte di trasporto glaciale (erratici morenici) ed in parte accumulatisi in seguito ad antichi crolli. Lungo la falda detritica si sono sviluppati la frana del 2002 ed il successivo evento di crollo isolato del 2005.
L’attività morfologica è vivace solo lungo il solco erosivo ove è possibile osservare una fascia detritica non vegetata, fino a q. 850 m s.l.m. Al contorno del solco erosivo ed a valle di q. 850 m le condizioni di stabilità risultano complessivamente buone, come testimoniato dalla fitta vegetazione aroborea, matura e dall’assenza storica di eventi di frana (esclusi quelli recenti del 2002 e del 2005).
Geologia
Il substrato roccioso dell’area in esame è costituito dalla Dolomia dello Sciliar (Ladinico), caratterizzata da dolomie e calcari dolomitici massicci o grossolanamente stratificati, a segmentazione suborizzontale, malamente distinguibile.
Come sopra descritto l’ammasso roccioso risulta indisturbato oltre quota 1600 m s.l.m., mentre al di sotto risulta grossolanamente suddiviso da fratture per antica dislocazione in massa, successivamente al ritiro glaciale.
Dal rilievo geostrutturale eseguito in corrispondenza della zona di distacco della frana del 2002, risultano ben evidenti n° 3 sistemi di discontinuità, tra cui gli strati, corrispondenti ai giunti a franapoggio, disposti in giacitura assai differente rispetto all’ammasso roccioso in posto.
La falda detritica è costituita da massi ciclopici, blocchi, ciottoli e ghiaia, con poca sabbia, ad elementi spigolosi, accumulatisi in seguito ad antichi eventi di crollo e frana, soprattutto della parte di ammasso roccioso disarticolato per franamento in blocco.
Il fondovalle è ricoperto dai depositi alluvionali del T. Cordevole, costituiti da blocchi, ciottoli e ghiaia in abbondante matrice sabbiosa, talora limosa.
Il materiale è soffice, grossolanamente stratificato.
Descrizione dell’evento
In data 15 giugno 2002, intorno alle 5-6 del mattino dal costone roccioso di Zei de Forca, presso quota 1400 m s.l.m., si staccò una porzione di roccia disarticolata del volume stimabile pari a ∼5-6000 m3, tramite meccanismo di scivolamento piano-composito, variamente articolato su superficie a gradini.
Il materiale si propagò lungo uno stretto canalone di faglia, in direzione SE, scaricandosi nell’ampio compluvio del locale solco erosivo, ove gran parte del corpo di frana si arrestò ricoprendo una superficie di ∼3000 m2.
Alcuni tra i massi più grandi proseguirono la loro corsa fino al piede del versante attraverso la copertura boschiva.
Un masso del volume di ∼100 m3 raggiunse il ripiano alluvionale di fondovalle, passando lateralmente ad un rustico agricolo (lato sud), ed arrestandosi ∼20 m più ad est dello stesso.
Altri massi del volume di 3-5 m3, seguendo linee di massima pendenza, lasciarono traccia del loro passaggio nel bosco più a sud del precedente, raggiungendo anche l’alveo del T. Cordevole.
In data 20/08/2005 un secondo evento franoso, di volume assai inferiore a quello del 2002, comportò la caduta di alcuni massi, di cui uno del volume di ∼50 m3 che raggiunse il fondovalle alluvionale, con una traiettoria che passò sul fianco nord del rustico agricolo, di cui al precedente, arrestandosi ∼30 m più ad est.
I grandi massi che si sono arrestati sul fondovalle sono passati attraverso una fitta copertura boschiva di piante mature, provocandone il ribaltamento o la troncatura, con conseguente apertura di un corridoio nel bosco, caratterizzato da da piante schiantate e congerie varie.
Raggiunto il piede del versante, entrambi i massi hanno terminato il moto in seguito a due-tre rimbalzi su terreno organico, dello spessore di ∼0,5-1 m, lasciando dei solchi di impatto lunghi fino a ∼12 m e profondi ∼1 m.
Descrizione del dissesto
Parametri geometrici
Area di distacco:
q = 1400 m s.l.m.
ΔH = ∼40 m
L = ∼20 m
Spessore: ∼5-10 m
Zona di accumulo principale:
Dislivello ΔH = 350 m
Lunghezza planimetrica di propagazione del corpo di frana: 350-400 m
Traiettorie dei grandi massi che hanno raggiunto il fondovalle:
Dislivello ΔH = 734 m (da q. 1400 m a 666 m s.l.m.)
Lunghezza planimetrica delle traiettorie : 1100-1200 m
Inclinazione media della parte alta del versante: ∼40°
Inclinazione media della parte bassa del versante: ∼30°
Rilievo geostrutturale
Allo scopo di definire con la precisione che il caso richiede le caratteristiche geostrutturali dell’ammasso roccioso in corrispondenza della zona di distacco, è stato effettuato un rilievo geostrutturale raccogliendo i dati più significativi per il problema in esame, tra quelli specificati dal metodo della “Scan line”, a cui si fa riferimento.
In particolare, sono stati definiti lo stato di fratturazione, le caratteristiche geometriche e meccaniche dei giunti dell’ammasso roccioso dislocato.
I parametri delle discontinuità rilevati in campagna, che consentono di caratterizzare l’ammasso sono i seguenti:
- orientamento (giacitura): definita come direzione dell’immersione e inclinazione.
- spaziatura (distanza tra due giunti di una stessa famiglia)
- persistenza (o continuità – lunghezza della traccia della discontinuità osservata in affioramento)
- apertura (distanza tra le pareti di un giunto)
- riempimento (materiale che riempie il giunto)
Risultati del rilievo geomeccanico
I dati delle giaciture rilevati sono stati riportati come poli dei piani su diagramma equatoriale equiangolare.
Con i dati geostrutturali è stata effettuata l’analisi delle maggiori frequenze con il metodo delle isodense (aree di uguale densità dei poli, distinte per colori).
Dall’analisi delle isodense, tramite individuazione di “set” di giaciture, è stato possibile definire le aree di maggiore concentrazione dei poli. Ivi è stato localizzato il polo rappresentativo della famiglia tramite una media pesata delle giaciture del set. (I valori riportati nelle descrizioni seguenti corrispondono ai poli medi di ogni famiglia).
Le varie famiglie di fratture K sono state distinte anche con un numero progressivo (K1-K2) che non ha un significato gerarchico.
In particolare si distingue una famiglia di fratture subverticali K1 con direzione NW-SE a cui appartengono le fratture parallele alla grande faglia su cui si è impostato il canalone immediatamente a est della nicchia di distacco, ove si è propagata la frana.
Tale faglia fa parte del sistema di fratture parallele al versante vallivo in cui si è imposta localmente la valle del Cordevole.
È stata distinta una famiglia di fratture subverticali K2, ortogonali alle precedenti, con direzione NE-SW.
Tale sistema appartiene alla famiglia di faglie su cui si è impostata la Val Corpassa che si sviluppa verso NE sul versante sinistro della valle del Cordevole.
Un terzo sistema ben evidente è quello disposto a franapoggio, rispetto al versante, verosimilmente corrispondente ai piani di strato.
Va ricordato che l’orientazione rappresentativa di ciascuna famiglia ha un significato statistico; è normale che si possano riscontrare dispersioni, anche sensibili, dal valore più frequente.
Per effettuare questo tipo di analisi statistica è stato utilizzato un programma di archiviazione ed interpretazione dei dati geomeccanici (DIPS della “Rocscience”).
Per l’analisi della distribuzione delle giaciture (poli), è stato utilizzato il reticolo polare equiangolare, emisfero inferiore.
Sistemi di discontinuità individuati e loro principali caratteristiche
Nella tabella si riportano i valori più frequenti dei dati osservati con l’analisi dei diagrammi cumulativi.
Il Volume Roccioso Unitario medio stimato dalle osservazioni di campagna e risultante dalle spaziature dei principali sistemi di discontinuità è molto variabile e compreso tra ∼0,5 e ∼100 m3, con valore frequente intorno a 5-10 m3 .
Verifica grafica di predisposizione all’instabilità
Per verificare il cinematismo che ha provocato il movimento della frana è stata effettuata un’analisi grafica su diagrammi equatoriali equiangolari.
Note le giaciture dei poli delle principali famiglie di discontinuità sopra descritte, sono stati tracciati i relativi grandi cerchi sullo stereodiagramma unitamente a quello della locale giacitura del versante.
Osservando il rapporto grafico tra i grandi cerchi è possibile definire i cinematismi che hanno indotto il distacco.
Dall’analisi è risultato che il cinematismo corrisponde ad uno scivolamento piano lungo le superfici S, su struttura a gradini. Le fratture K1 e K2 delimitano rispettivamente a tergo e lateralmente la nicchia di distacco.
Classificazione del pericolo da caduta massi
Allo scopo di verificare la prevedibilità del pericolo da caduta massi dell’area ove è presente il rustico agricolo ove sono arrivati i grandi massi, è stato applicato il metodo a matrice di Chiesurin e Fenti (2002), scientificamente riconosciuto e già favorevolmente applicato in altri settori montani.
Per valutare il pericolo di caduta massi su infrastrutture antropiche in generale (con particolare riferimento alle zone urbane o potenzialmente urbanizzabili), è stata ideata una matrice che considera n° 11 fattori ai quali sono assegnati n° 5 indici di pericolo crescente, con valore diverso in funzione del peso con cui può influire tale parametro sul moto di caduta massi.
Classe di pericolosità
Dalla somma dei vari indici sono state ricavate n° 5 classi di pericolosità crescente (si tratta di classi di “pericolosità” e non di “rischio” in quanto la classificazione, nella sua agilità, non tiene conto dell’insieme complesso della popolazione, delle infrastrutture e delle attività economiche del territorio a cui è applicata) .
Sulla base di numerose esperienze, per ciascuna classe sono proposti gli interventi orientativi, consigliabili, per la mitigazione del pericolo.
È evidente che dove viene riscontrata una pericolosità da media a molto elevata sono necessarie analisi di dettaglio sul terreno e specifiche verifiche di rotolamento, allo scopo di definire correttamente e puntualmente il moto di caduta massi.
Applicazione del metodo all’area a rischio di Listolade
Confrontando la matrice allegata (vedi Tabella 2) l’indice di pericolosità valutato risulta pari a 90. Ciò definisce una classe di pericolosità “elevata” a cui corrispondono i seguenti interventi di pertinenza: “Disgaggio e pulizia della parete, consolidamento in sito delle masse a rischio non removibili, verifiche di rotolamento massi, opere paramassi”.
I risultati della matrice evidenziano che in seguito ad un’indagine dettagliata come quella eseguita per il presente studio ed applicando correttamente il metodo a matrice di Chiesurin e Fenti (2002), è possibile ottenere informazioni molto utili ed importanti sul pericolo che, in questo caso, è definito “elevato”.
SIMULAZIONE DI CADUTA MASSI TRAMITE PROGRAMMA DI CALCOLO BIDIMENSIONALE APPLICATO ALLA FRANA DI LISTOLADE
Giacchè è risultato assai particolare il moto di caduta dei grandi massi che hanno raggiunto il piede del versante, è stata eseguita una simulazione del moto di caduta tramite i metodi numerici normalmente in uso.
La simulazione si configura quale back analysis dell’evento, per ricostruire i parametri che hanno condizionato il moto e verificare l’attendibilità o i limiti dei normali programmi di calcolo in commercio, nei confronti di eventi di caduta paragonabili a questi.
L’evento di caduta dei massi da 100 m3 (2002) e 50 m3 (2005), ha le seguenti caratteristiche fondamentali:
- Distacco della massa da q. 1400 m s.l.m.
- Rotolamento e saltazione lungo il versante regolare, inclinato di 28°, per una lunghezza di oltre 1000 m
- In corrispondenza del piede, su terreno organico e alluvionale, definibile soffice, i massi hanno terminato il moto in seguito a n° 3 rimbalzi con voli di ∼15 m, formando solchi lunghi ∼12 m e profondi ∼1 m ad ogni impatto a terra.
Il moto dei grandi massi lungo il versante non è particolarmente sorprendente, se non per l’evidente inefficacia allo smorzamento delle energie da parte della vegetazione arborea. Ciò che risulta sorprendente sono le traiettorie al piede del versante.
Infatti, qualsiasi esperto del settore, avrebbe previsto un arresto per punzonamento del terreno soffice, al raccordo tra versante e piana alluvionale, o al più un breve tratto in rotolamento dei massi che comunque si sarebbero dovuti arrestare entro pochi metri.
Invece, nella parte terminale del moto, i massi hanno saltato prima dell’arresto, facendo voli anche piuttosto lunghi.
Back analysis della caduta massi
Allo scopo di conseguire adeguate informazioni sui moti di caduta dei massi, sono state eseguite numerose simulazioni tramite programma di calcolo tipo “lumped mass” (bidimensionale) su una sezione rappresentativa tracciata lungo il percorso dei massi.
La sezione è stata ricostruita sulla base della Carta Tecnica Regionale 1:10.000 ed integrata tramite rilievo con strumento topografico (clisimetro e distanziometro laser).
Si ricorda che la sezione è necessariamente schematica e discretizzata per tratti omogenei.
Per le simulazioni dei moti di caduta dei massi è stato utilizzato il programma di calcolo “Rocfall 4” della Rocscience, che può simulare migliaia di cadute contemporaneamente, permettendo un’attendibile analisi statistica.
Taratura del modello di caduta massi
Parametri del terreno
I parametri principali del terreno che condizionano il moto del masso (angolo d’attrito e coefficiente di restituzione dell’energia) sono quelli più probabili, risultanti dal rilievo di campagna (tipo di terreno, sua densità, spessore della copertura sciolta, continuità, presenza, densità della copertura boschiva ecc…).
I valori sono stati riferiti a quelli indicativi contemplati in bibliografia (Mazzalai, Vuillermin 1995; Broili 1979; Cocco 1991) e successivamente variati nella sezione fino ad ottenere risultati consoni alle osservazioni locali relativamente alle zone di arresto dei massi ed al loro moto di scendimento.
I parametri assunti non hanno un valore assoluto, in quanto le numerose variabili che intervengono a modificare il moto di un masso sono difficilmente o affatto schematizzabili; pertanto sono state effettuate numerose analisi simulando 1000 cadute cadauna ed ottenendo così valori statistici (in allegato sono state riportate solo le più significative). Per ogni parametro del terreno è stata considerata una deviazione standard adeguata.
Parametri del blocco roccioso
Per queste simulazioni è stato considerato un volume del blocco roccioso pari a quello dei grandi massi che hanno raggiunto la piana alluvionale.
In ogni caso, il VRU più probabile è stato confermato anche dall’analisi geostrutturale precedentemente descritta.
Giacchè il peso di volume della roccia in esame è γ = ∼2,7 t/m3, il peso del masso di progetto usato nelle simulazioni è pari a 270.000 Kg (∼100 m3).
Punto di distacco del masso
Il punto di distacco del masso è stato considerato nella parte alta della sezione.
Significato e limiti delle analisi
I risultati di seguito riportati hanno un valore “statistico – probabilistico”, non assoluto e certo, e sono conseguenti ai parametri utilizzati nelle verifiche, che sono i più verosimili relativamente al caso in esame in quanto ricavati tramite analisi di taratura della sezione di scendimento.
Risultati
Dalle simulazioni è stato possibile osservare quanto segue:
Nelle simulazioni tipo lumped mass, il masso è considerato puntiforme, quindi il volume del blocco e di conseguenza la sua massa, rientrano solo nei calcoli dell’energia di caduta.
La schematizzazione delle masse rocciose in movimento, approssimate a sfere indeformabili, ha evidenziato, nel caso specifico dei limiti che dipendono dal fatto che le masse reali non sono di solito simili a sfere e non si mantengono inalterate durante il moto. D’altro canto, nella modellazione è impossibile tenere conto di tutte le variabili, dato il carattere aleatorio dei processi.
PARAMETRI DEL TERRENO
Detrito non vegetato
Rn = 0,35 (dev. standard = 0,1)
Rt = 0,8 (dev. standard = 0,1)
Angolo attrito masso-terreno = 30° (dev. standard = 4).
Detrito vegetato
Rn = 0,3 (dev. standard = 0,1)
Rt = 0,8 (dev. standard = 0,1)
Angolo attrito masso-terreno = 35° (dev. standard = 4).
Suolo con vegetazione
Rn = 0,3 (dev. standard = 0,1)
Rt = 0,8 (dev. standard = 0,1)
Angolo attrito masso-terreno = 30° (dev. standard = 2).
Le simulazioni hanno rappresentato abbastanza fedelmente quanto avvenuto.
Infatti, la zona di accumulo (maggiore probabilità di arresto dei massi) corrisponde alle quote del principale corpo di frana.
Solo poche traiettorie (scarsa probabilità di avvenimento) raggiungono il piede del versante e solo una evidenzia un salto prima dell’arresto.
Come è possibile osservare dai risultati sopra riportati, per poter ottenere un moto del masso paragonabile a quanto realmente avvenuto, è stato necessario attribuire al detrito vegetato parametri poco differenti dal detrito non vegetato e soprattutto, valori dei parametri del suolo soffice simili a quelli del detrito.
Volendo attribuire ai terreni locali i parametri sperimentali noti in bibliografia, i massi non avrebbero mai raggiunto il piede del versante o comunque non avrebbero effettuato alcun salto finale.
Considerazioni sulla frequenza e sulla prevedibilità dei fenomeni
Anche in seguito ad indagini dettagliate sull’intensità e diffusione dei fenomeni di instabilità sulle pareti rocciose predisposte alle frane di roccia, permane il problema, irresolubile, della prevedibilità temporale degli eventi.
È di fatto del tutto impossibile prevedere quando e con quale frequenza possono manifestarsi gli eventi di caduta massi.
Per quanto riguarda gli aspetti legati alla frequenza della caduta massi, sono importanti le seguenti fasi di indagine:
- Indagine storica degli eventi.
- Osservazioni di dettaglio sulla presenza di massi crollati in passato, giacenti al piede delle pareti rocciose.
Gli eventi di caduta massi di Listolade sono un esempio eclatante di queste difficoltà.
Infatti, in un’area ove storicamente non erano noti eventi di caduta massi, sono avvenuti due distacchi nel periodo di soli 3 anni.
Conclusioni
Lo studio ha dimostrato che le dimensioni e la forma dei massi condizionano molto il moto di caduta, anche indipendentemente dal terreno su cui si muovono.
Ciò è dovuto sia all’inerzia della massa che tende a mantenere inalterato il moto, sia al moto volvente del masso. Infatti, nel caso specifico, i massi erano dotati, oltre che da una grande massa rimasta inalterata, anche di una elevata velocità rotazionale. Quest’ultimo è certamente un fattore fondamentale per il mantenimento del moto e delle traiettorie.
Quindi se all’effetto della elevata velocità rotazionale si somma l’effetto inerziale della grande massa, si giustificano i percorsi lunghi ed i moti di saltazione nella parte finale dell’evento.
Pur tuttavia risulta difficile considerare adeguatamente questi fattori con gli attuali strumenti di calcolo.
Infatti, anche se nella back analysis è stato possibile individuare la traiettoria che rappresenta il moto dei massi, in realtà essa costituisce 1 probabilità su 1000 nell’analisi statistica.
Pertanto in fase previsionale, risulterebbe assai difficile considerarla attendibile. Infatti, nella prassi comune tale evento sarebbe considerato quale un’anomalia di calcolo, pur rientrando nell’analisi statistica.
L’articolo è stato pubblicato sulla raccolta L’armonia fra uomo e natura nelle valli dolomitiche, Barbara Aldighieri e Bruno Testa, 2010