PREMESSA

Numerose abitazioni sparse e centri abitati presenti nel territorio nazionale sono esposti al rischio di caduta massi con pericolo per l’incolumità delle persone.
Spesso gli enti pubblici (Comune, Provincia, Regione ecc…) nei territori montani si trovano nella necessità di dover definire il grado di rischio geologico di aree urbanizzate o edificabili ed in condizioni non sempre favorevoli nei confronti della caduta massi.
In tali casi sarebbe necessaria un’analisi di caduta massi tramite complessi metodi di calcolo, che simulano i moti di caduta lungo sezioni ben precise, tracciate secondo una logica arbitraria e soggettiva, in funzione della morfologia locale. Solo in seguito all’esecuzione di un gran numero di queste verifiche è possibile addivenire ad una definizione abbastanza precisa del rischio di caduta massi.
Questa metodologia comporta però un notevole impiego di tempo, mezzi e risorse, per poter effettuare tutte le verifiche necessarie lungo le sezioni predefinite e le simulazioni tramite programmi specifici.
Allo scopo di poter effettuare in tempi brevi e con risorse assai più contenute uno studio propedeutico del rischio di caduta massi su estese aree edificate o edificabili, con la precisione che il caso richiede, è stato ideato un metodo originale i cui elementi essenziali sono schematizzati in una tabella nella quale si tiene conto di n° 11 parametri, a cui corrispondono 5 valori di pericolo crescente.
La zonazione territoriale del pericolo permette di limitare in modo significativo e di circoscrivere correttamente le fasce di versante ove effettuare le analisi di dettaglio e le verifiche di caduta con i metodi informatici in uso.
L’ideazione del metodo è stata possibile in seguito all’esperienza maturata nel corso di decenni di studi territoriali e di dettaglio ed alla redazione di progetti di opere paramassi e di consolidamento in sito di masse rocciose pericolanti.
Ciò ha permesso di identificare con adeguata correttezza quali sono i fattori che influiscono maggiormente sul rischio da caduta massi, traendo spunto anche dalle ricerche e dai risultati di PIERSON et al. (1990).
Questi autori, però, hanno predisposto metodi specificamente destinati alla valutazione del rischio di caduta massi sulle infrastrutture viarie e quindi difficilmente o affatto applicabili su aree urbane.
Il nuovo metodo qui proposto è stato sperimentato e verificato in numerosi casi pratici nelle zone montane dolomitiche e prealpine.
Nella presente pubblicazione si riportano solo 3 esempi tra i più interessanti recentemente svolti, utilizzati per la taratura del metodo.

 

IL METODO

Per valutare il pericolo di caduta massi su infrastrutture antropiche in generale (con particolare riferimento alle zone urbane o potenzialmente urbanizzabili), è stata ideata una scheda che considera 11 fattori ai quali sono assegnati 5 indici di pericolo crescente, con valore diverso in funzione del peso con cui può influire tale parametro sul moto di caduta massi.

  • Parametri geomeccanici
    • A – Indice di instabilità della zona di distacco
    • B – Volume possibile del crollo per evento
    • C – Volume del masso in rotolamento (VRU)
  • Parametri geomorfologici
    • D – Altezza della scarpata rocciosa
    • E – Lunghezza del pendio
    • F – Inclinazione media del pendio
    • G – Andamento topografico del pendio
  • Parametro geolitologico – geotecnico
    • H – Tipo di materiale esistente sul pendio
  • Parametri ambientali
    • I – Tipo di copertura vegetale
    • L – Condizioni climatiche
  • Indagine storica
    • M – Frequenza storica di caduta massi

Per ciascun fattore sono state definite n° 5 classi di indice di pericolo crescente, attribuendo, inoltre, agli indici di ciascun fattore dei pesi differenti, in funzione dell’influenza esercitata sul rischio.

 

PARAMETRI GEOMECCANICI

A – Indice di instabilità della zona di distacco

L’indice di instabilità della zona di distacco rappresenta una “classe di stabilità” in funzione delle caratteristiche geomeccaniche dell’ammasso roccioso.
Tale parametro è stato introdotto nella classificazione proposta, perché quanto previsto nel metodo RHRS è necessario ma non sufficiente a definire in modo completo, anche se sommario, le caratteristiche dell’ammasso roccioso. In alternativa potrebbero essere utilizzati i comuni metodi di classificazione geomeccanica [BIENIAWSKI, 1989; ROMANA, 1991], con particolare riferimento al metodo di Romana specifico per la classificazione degli ammassi rocciosi su versante, al quale si rimanda per ogni dettaglio.
Pur tuttavia, dalle esperienze acquisite nell’ambito della caduta massi, essi risultano devianti o comunque poco applicabili in questo campo.
A scopo chiarificativo si riportano alcuni esempi:

  • Una roccia di classe I (secondo la classificazione RMR di Bieniawski o quella di Romana) che caratterizza un ammasso roccioso molto buono, induce a pensare ad una condizione di stabilità e quindi ad una categoria di pericolo bassa. In realtà essendo una roccia di ottime qualità, in genere di aspetto monolitico e massiccio, è possibile il distacco di elementi di grandi dimensioni (anche se assai raramente), dotati di volumi rocciosi unitari molto grandi (decine di m3 ). Tali elementi lapidei se indotti al moto hanno una grande inerzia e quindi hanno la possibilità di percorrere maggiori distanze anche su pendio accidentato e/o coperto da bosco maturo.
  • Una roccia di classe V (secondo Bieniawski o Romana) è fortemente disarticolata, paragonabile ad un detrito, con instabilità per disgregazione superficiale o per scorrimenti piani o rotazionali. Pertanto l’ammasso roccioso risulta molto scadente, riferibile ad una classe di pericolo molto elevata.

In realtà, nell’evoluzione del moto di un eventuale crollo o scivolamento da questo tipo di roccia si verifica, in genere, una frammentazione minuta delle masse in elementi lapidei di volume molto piccolo (dell’ordine del dm3). Ciò riduce il grado di pericolo da rotolamento massi, sia per le energie sviluppate negli impatti, sia per le modeste distanze che riescono a percorrere gli elementi lapidei lungo un pendio.
Pertanto si ritiene che le caratteristiche di stabilità dell’ammasso roccioso nei confronti di un problema di caduta massi siano più correttamente definite da quello che è stato definito in questa classificazione l’ “indice di instabilità” (vedi tab. 2).
Tale parametro non è casuale o soggettivo, ma la sua definizione deve derivare da un’attenta analisi geostrutturale di campagna e da una serie di verifiche di stabilità geomeccanica che hanno lo scopo di definire il grado di suddivisione dell’ammasso roccioso, le sue condizioni di stabilità ed il tipo di movimento più probabile. A questo punto è possibile attribuire alla specifica situazione analizzata una delle 5 classi di indice di pericolo.
Inoltre, in considerazione della possibilità che i massi a rischio di rimobilizzazione e caduta siano ubicati su falde detritiche, nella classificazione si tiene conto anche di questa eventualità.
Di seguito viene sinteticamente riportata la definizione delle 5 classi dell’indice di instabilità (A) della zona di distacco:

Tabella geomeccanica

 

B – Volume possibile del crollo per evento

Il parametro evidenzia il volume complessivo di roccia che può mobilizzarsi in un unico evento.
La definizione è possibile in seguito ad un’analisi dettagliata delle condizioni geostrutturali e/o della stabilità geomorfologica delle masse rocciose a rischio di caduta. Ciò dipende dalle caratteristiche di persistenza, apertura e spaziatura delle discontinuità che delimitano l’intera massa. Maggiore è la massa instabile, maggiore sarà la zona investita dai massi derivanti dalla frantumazione, sia in termini di dispersione su cono detritico, sia in termini di distanza dalla parete.

C – Volume del masso (Volume Roccioso Unitario)

Il volume del masso è inteso quale volume di roccia che rimane generalmente integro in seguito ad un evento di caduta massi.
La definizione può essere effettuata tramite i metodi geomeccanici. Il valore va comunque confrontato con un’analisi statistica della frequenza dei volumi dei massi già caduti, identificabili sul versante.
Si sottolinea l’importanza che assume il volume del masso nel moto di rotolamento e saltazione verso valle: i dati di innumerevoli osservazioni di campagna evidenziano che la maggiore inerzia dei massi di maggiori dimensioni permette loro di raggiungere in ogni caso le maggiori distanze dal punto di distacco.
In questa prospettiva la pericolosità è crescente al crescere delle dimensioni del V.R.U.

PARAMETRI GEOMORFOLOGICI

D – Altezza della scarpata rocciosa

La dinamica del moto di un masso sul versante dipende inizialmente dall’altezza di caduta subverticale da una scarpata rocciosa. È ovvio che i massi si possono staccare da qualsiasi punto della scarpata, ma, prudenzialmente, è possibile considerare che il punto di distacco sia ubicato sul ciglio superiore.

E – Lunghezza del pendio

Questo è un parametro fondamentale per il moto di un masso. Infatti, come è noto, il rischio è tanto maggiore quanto più breve è il percorso che il masso compie sul pendio che si sviluppa alla base della scarpata rocciosa.
La lunghezza massima considerata del pendio è 300 m in quanto, dalle esperienze personali, risulta che tale distanza costituisce approssimativamente un limite di pericolo. Nei numerosi casi studiati le condizioni di rischio per le infrastrutture sono generalmente comprese entro i limiti proposti, anche se non mancano frequenti eccezioni al riguardo.

F – Inclinazione media del pendio

Un fattore determinante per definire la pericolosità è l’inclinazione del pendio.
Infatti, tanto più il pendio è inclinato, quanto maggiore è la probabilità che il masso percorra lunghe distanze.
Giacché sono noti molti casi di rotolamento o rimbalzo di massi su terreno suborizzontale o poco inclinato in seguito a caduta da parete subverticale, si considera un valore di indice anche per inclinazioni inferiori a 15°.

G – Andamento topografico (rugosità del pendio)

Questo fattore riveste una fondamentale importanza nel definire il rischio da caduta massi per le infrastrutture antropiche.
Per definire tale parametro è necessario effettuare un’analisi morfologica dettagliata del versante allo scopo di evidenziare sia i lineamenti generali del terreno, che tutte le particolarità topografiche che possono influenzare localmente o complessivamente il moto dei massi in caduta.
Data la grande varietà morfologica che spesso caratterizza i versanti, non è stato possibile introdurre nelle classi di rischio crescente una descrizione dettagliata della conformazione dei versanti.
Pertanto sono state utilizzate delle terminologie generiche che danno un’indicazione approssimativa dell’andamento del versante.
Ad esempio, per andamento “terrazzato” (indice = 0) si intende un versante conformato in modo tale da rendere assai difficile il moto di caduta massi. Con i termini successivi si intendono versanti il cui andamento determina possibilità crescenti di movimento di caduta.

PARAMETRO GEOLITOLOGICO – GEOTECNICO

H – Tipo di materiale

Questo parametro evidenzia il tipo di terreno prevalente che costituisce il versante lungo cui si sviluppa il moto dei massi.
È assai importante definire il tipo di materiale che costituisce il versante su uno spessore di almeno 1-2 m, corrispondente approssimativamente alla zona di influenza degli impatti alla saltazione.
Il tipo di terreno influisce sensibilmente sul coefficiente di restituzione dell’energia del masso e quindi sullo smorzamento del moto. Ovviamente le condizioni di maggiore pericolosità si hanno quando il pendio è interamente costituito da roccia affiorante.
Le varie classi sono definibili in funzione della prevalenza di un certo tipo di materiale sul versante, tra quelli indicati nella tabella.

PARAMETRI AMBIENTALI

I – Vegetazione esistente sul versante

Il bosco maturo di piante d’alto fusto esplica notoriamente una sensibile azione “paramassi” nei confronti degli elementi rocciosi di volumetrie contenute entro 0,5-1 m3. Si devono, però, considerare anche i casi in cui boschi di tipologia e densità tra loro assai differenti possono esplicare una analoga efficacia nei confronti della caduta massi. Ad esempio un bosco a densità del 100 % di piante giovani, con fusti ? massimo intorno a 10-15 cm, può esplicare un’azione paramassi paragonabile a quella di una fustaia matura con tronchi ?>40 cm, ma con densità del 40-50 %.
La determinazione delle classi di pericolosità richiede, comunque, un’attenta analisi dendrologica nonché la valutazione di tipo, densità, efficienza e stato della vegetazione esistente.

L – Condizioni climatiche e idrogeologiche

L’influenza del clima sui fenomeni di caduta massi è quasi sempre documentata. Oltre alle piogge intense, agli eventi di improvviso disgelo dopo lunghi periodi di gelo, alle frequenti escursioni termiche, in particolare quelle sopra e sotto lo zero termico (periodi autunnale e primaverile), risultano importanti anche i lunghi periodi di siccità, più pericolosi se con alte temperature (periodo estivo), nonché le improvvise variabilità meteorologiche.
Particolare attenzione va rivolta alla definizione dell’influenza sulla stabilità che può avere la circolazione idrica superficiale, ipodermica e profonda nelle fessure delle rocce lapidee e nei terreni sciolti su cui poggiano massi in condizioni di facile rimobilizzazione.

INDAGINE STORICA

M – Frequenza di caduta massi

Un certo peso nella valutazione del pericolo assume anche la frequenza storica della caduta di massi su un determinato versante o meglio, in un particolare settore dello stesso. Giacché nei pressi delle infrastrutture antropiche molto spesso i massi vengono presto rimossi o abbattuti ed utilizzati per vari scopi, annullando di fatto la possibilità della loro identificazione, per poter procedere ad una corretta ricostruzione storica degli eventi risulta spesso necessario effettuare una ricerca d’archivio o un’inchiesta tra gli abitanti, in modo da poter acquisire le informazioni necessarie allo scopo.

tabella caduta massi

CLASSE DI PERICOLOSITÀ

Dalla somma dei vari indici sono state ricavate 5 classi di pericolosità crescente (si tratta di classi di “pericolosità” e non di “rischio” in quanto la classificazione, nella sua agilità, non tiene conto dell’insieme complesso della popolazione, delle infrastrutture e delle attività economiche del territorio a cui è applicata) .
Sulla base delle esperienze personali, per ciascuna classe sono stati proposti gli interventi orientativi, consigliabili, per la mitigazione del pericolo.
È evidente che dove è riscontrata una pericolosità da media a molto elevata sono necessarie analisi di dettaglio sul terreno e specifiche verifiche di rotolamento allo scopo di definire correttamente e puntualmente il moto di caduta massi.

ALCUNI ESEMPI DI SPERIMENTAZIONE DELLA CLASSIFICAZIONE

Di seguito si riportano sinteticamente alcuni esempi, tratti da alcuni recenti lavori di caduta massi, a cui è stato applicato il metodo di classificazione. In particolare gli esempi n° 2 e n° 3 riguardano interventi in cui erano già state effettuate delle simulazioni di rotolamento massi tramite programmi di calcolo. Ciò ha permesso la taratura della classificazione con un metodo tipo “back analysis”.

Esempio n° 1

La Provincia di Treviso ha richiesto lo studio del rischio di caduta massi sull’abitato di Revine.
L’abitato è impostato sul corpo di un’antica frana postglaciale, costituito da grossi massi, ciottoli, ghiaia e poca sabbia.
A monte dell’abitato, ad una distanza generalmente superiore a 300 m, esiste una scarpata rocciosa alta da 10 a 60 m che costituisce il coronamento della frana.
In seguito ad un dettagliato rilievo geostrutturale sono state effettuate le elaborazioni geomeccaniche dalle quali è risultato che la scarpata è affetta da numerose situazioni di instabilità potenziale per crollo, ribaltamento e scivolamento.
I volumi mobilizzabili in un unico evento sono variabili da qualche m3 a oltre 50 m3, mentre i volumi rocciosi unitari dei massi sono compresi tra 0,5 e 3 m3 .
L’inclinazione media del pendio è compresa tra 25° e 40°.
L’andamento topografico è piuttosto articolato; infatti, nella parte alta il versante è piuttosto regolare, mentre al piede è gradinato, con dossi ed avvallamenti, talora terrazzato, sia per attività morfogenetica postglaciale, sia per intensa attività antropica (coltivazioni di frutteti, vigneti, ecc…).
La copertura vegetale è costituita prevalentemente da arbusti e novellame.
Le condizioni climatiche della zona sono caratterizzate da precipitazioni piuttosto abbondanti (?1500 mm/anno), con periodi di gelo e disgelo primaverile.
Per quanto riguarda la frequenza storica degli eventi è stata effettuata un’indagine tra gli abitanti del luogo, dalla quale è emerso che gli eventi a memoria storica sono pochi o occasionali.
Tutti i dati sono stati stimati con dettaglio, caso per caso, in n° 12 fasce e subfasce di versante differenti, attribuendo valori di pericolo specifici in funzione della variabilità locale, a partire dalla scarpata rocciosa di distacco fino all’abitato a rischio.
È ovvio che per l’abitato di Revine le condizioni climatiche costituiscono una caratteristica costante.

Risultati

I risultati ottenuti hanno permesso di definire n° 6 fasce di pericolosità, variabile da media ad elevata, con indice compreso tra 60 e 83.
Sulla base delle indicazioni di intervento proposte per tali classi di pericolosità, scaturisce l’opportunità di effettuare controlli e disgaggio in parete, consolidamenti in parete e verifiche di rotolamento massi con i metodi in uso.
Data la grande estensione della parete (?700 m) e la discreta distanza minima dall’abitato (in genere oltre 300 m), è possibile escludere l’opportunità di interventi in parete, assai onerosi e comunque non risolutivi.
È invece più opportuno procedere alle analisi di rotolamento massi, consigliabili sulle fasce a rischio medio, necessarie sulle fasce a rischio elevato, che permetteranno, in fase di progetto, di definire con la precisione che il caso richiede le caratteristiche del moto di caduta dei massi. Ciò permetterà una attenta ubicazione ed un corretto dimensionamento delle opere di protezione passive.

Esempio n° 2

Per la Provincia di Vicenza è stato redatto un progetto di consolidamento e protezione dell’abitato di Cismon del Grappa dal rischio di caduta massi.
L’abitato è ubicato al piede di un versante detritico, che raccorda il fondovalle con una parete rocciosa alta ?100 m.
La distanza dell’abitato dalla parete è variabile e compresa tra 40 e 100 m.
Per verificare le condizioni di stabilità della parete è stato effettuato un rilievo geomeccanico che ha permesso di individuare numerose masse mobilizzabili per ribaltamento e scivolamento, con forme sviluppate prevalentemente su due dimensioni, parallele al versante.
I volumi instabili per singolo evento sono compresi tra 2 m3 e 30 m3.
Il volume roccioso unitario del masso varia tra 0,2 e 1 m3.
L’inclinazione media del pendio ove si sviluppa il moto è compresa tra 35° e 45°.
L’andamento topografico è in genere a gradini modellati per la coltivazione di ortaggi.
Il materiale è costituito prevalentemente da ghiaia e sabbia.
La copertura vegetale è costituita da piante giovani.
Le condizioni climatiche della zona sono caratterizzate da abbondanti precipitazioni e forti escursioni termiche nel periodo invernale.
Dalle indagini effettuate tra gli abitanti la frequenza di caduta è variabile nei vari tratti lungo l’estensione dell’abitato (da nessun evento nel tratto più lontano dalla parete a molti eventi nel tratto più vicino alla parete).

Risultati

L’applicazione del metodo a questa situazione ha evidenziato quanto segue:
La fascia di abitato in esame è distinguibile in una zona a pericolosità elevata (settore centrale e sud) con indice pari a 85 ed una zona a pericolosità medio-scarsa (settore nord) con indice pari a 57.
Sulla base delle indicazioni di intervento proposte per tali classi di rischio, risulta l’opportunità di effettuare controlli e disgaggio in parete, consolidamenti in parete e verifiche di rotolamento massi con i metodi in uso.
In seguito all’effettuazione di ulteriori verifiche sulla parete tramite lavoro acrobatico su corda sono stati progettati adeguati interventi di consolidamento della parete e la realizzazione di una barriera paramassi a protezione del tratto di abitato compreso nella zona a pericolosità elevato.

Esempio n° 3

Questo esempio rappresenta un’applicazione della classificazione ad una particolare situazione di rischio sulla ex Strada Statale 203 Agordina (Provincia di Belluno).

Anche se il metodo non è correttamente applicabile alla viabilità in quanto non tiene in considerazione i parametri già contemplati nel metodo esistente di PIERSON et al. (1990), pur tuttavia la situazione è tale da permettere un collaudo della classificazione per quanto riguarda la classe di pericolosità massima.

L’area è caratterizzata da una parete rocciosa subverticale, alta oltre 100 m, la cui continuità è interrotta da brevi cenge.
Il tratto più pericoloso, direttamente sovrincombente la sede stradale, è alto ?100 m.
Su questa parete rocciosa è stata effettuata un’indagine geostrutturale dalla quale è stato possibile identificare numerose masse rocciose a rischio di instabilità per scivolamento e crollo.
I volumi delle masse mobilizzabili sono variabili e comprese tra 10-30 m3 e oltre 50 m3.
Il volume roccioso unitario dei massi è di 3-10 m3.
Il pendio al piede è in parte assente.
L’inclinazione media considerata è quella della parete rocciosa, pari a ?70-80°, con andamento piuttosto regolare.
Il materiale su cui impattano i massi è costituito da roccia affiorante, in assenza di copertura vegetale.
Le condizioni climatiche sono caratterizzate da una media intensità di precipitazioni, ma da ampie escursioni termiche con lunghi periodi di gelo e disgelo.
L’analisi storica di caduta massi documenta eventi molto frequenti.

Risultati

L’applicazione della classificazione a tale situazione comporta una classe di pericolosità molto elevata, con indice pari a 124.
Anche in questo caso la classificazione ha confermato la situazione reale di pericolo dalla caduta massi.
Come riportato nelle indicazioni relative agli interventi, nei luoghi sono state realizzate numerose opere paramassi e consistenti interventi di consolidamento in parete.

CONCLUSIONI

I numerosi studi, i controlli e le verifiche dinamiche di caduta massi effettuate inducono a ritenere che l’applicazione del metodo di classificazione della pericolosità sia attendibile.
Come è possibile osservare la classificazione ha la possibilità di essere ulteriormente ampliata o modificata, in funzione delle esigenze locali.
Si sottolinea comunque che una eccessiva puntualizzazione dei parametri esula dallo scopo del metodo, rivolto specialmente alla definizione di un indice orientativo di pericolo per studi di zonazione territoriale.
È ovvio che nelle situazioni di pericolosità da media a molto elevata sono necessarie verifiche di stabilità puntuali e simulazioni di rotolamento massi specifiche per le varie traiettorie di caduta.
Si ritiene comunque che il metodo sia utile e ben applicabile per studi territoriali di zonazione del pericolo a cura degli enti pubblici (Regione, Provincia, Comune e Protezione Civile).

 

Articolo tratto dalla pubblicazione “PROPOSTA DI UN NUOVO METODO PER LA CLASSIFICAZIONE DEL PERICOLO DA CADUTA MASSI” 

di Ennio Chiesurin e Vittorio Fenti

Geologi, liberi professionisti

 

L’articolo è stato pubblicato sulla rivista Geologia Tecnica & Ambientale 4/02. La pubblicazione completa è disponibile qui: Pubblicazione metodo caduta massi