
INTERPRETAZIONE DELLE PROVE SPT IN TERRENI COMPLESSI
INTRODUZIONE
L’applicazione della geotecnica classica in terreni molto eterogenei, “complessi”, come i materiali glaciali e franosi delle aree alpine, risulta piuttosto difficile. L’eterogeneità granulometrica di questi terreni rende di fatto incerto (con le metodologie normalmente utilizzate) il prelievo di campioni indisturbati su cui effettuare delle analisi di laboratorio utili per definire i principali parametri geotecnici. Inoltre, nei rari casi in cui la campionatura riesca, si ottiene un’analisi puntuale la cui estrapolazione all’intero volume del terreno esaminato può risultare limitativa, aleatoria se non addirittura deviante.
In considerazione di ciò è di fondamentale importanza poter eseguire delle prove geotecniche in sito, la cui scelta non è supportata da una bibliografia affermata che descriva metodi specifici di indagine geotecnica per materiali complessi o comunque fortemente eterogenei.
Nel presente articolo si propone una metodologia per ricostruire un modello geotecnico verosimile, basata sull’interpretazione delle indagini dinamiche in foro, tipo Standard Penetration Test (SPT), associata ad un modello geologico-geomorfologco.
In particolare, è necessario disporre di un elevato numero di SPT i cui valori dovranno essere utilizzati per il calcolo dei parametri geotecnici, applicando varie formulazioni in uso, messe a confronto tra loro e scegliendo i risultati più rappresentativi della realtà geologica e geomorfologica.
La metodologia interpretativa qui proposta per i materiali complessi, è preceduta da una descrizione di questi tipi di terreni, da una citazione sintetica della metodologia SPT ed è supportata dall’applicazione in numerosi lavori professionali effettuati (dei quali si riportano alcuni esempi pratici).
PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEI MATERIALI COMPLESSI
In questo articolo, si intendono materiali complessi i terreni dotati di grande eterogeneità granulometria e stratigrafica, con particolare riferimento ai depositi glaciali (morenici e fluvioglaciali) ed ai depositi di frana, in aree montane alpine.
- Eterogeneità granulometrica: sono presenti in genere tutte le classi granulometriche, rimescolate in modo caotico, con ghiaia sabbia e ciottoli, in genere immersi in abbondante o prevalente frazione argilloso-limosa, e variabile percentuale di grossi massi. Talora, su brevi distanze, varia sensibilmente la granulometria prevalente.
- Eterogeneità stratigrafica: si riscontrano sensibili differenziazioni granulometriche, a cui corrispondono variazioni stratigrafiche anche su brevi distanze (qualche metro o decina di metri). Risulta pertanto assai difficile una estrapolazione dei dati su grandi aree in assenza di indagini ravvicinate.
- Eterogeneità di consistenza: le variazioni stratigrafiche e granulometriche comportano spesso una variazione discontinua di addensamento all’interno dello stesso deposito. Inoltre, i depositi glaciali sono spesso sovraconsolidati, quindi caratterizzati da comportamenti anomali rispetto alla geotecnica classica.
La descrizione dettagliata e puntuale dei terreni complessi, porterebbe alla ricostruzione di un modello geologico complicato e di scarsa utilità. Ne consegue, pertanto, la tendenza, altrettanto sconsigliabile, ad una rappresentazione semplificata come materiali globalmente omogenei (anche se di fatto molto eterogenei).
E’ altresì poco significativa la traduzione del modello geologico in modello geotecnico, perché spesso terreni diversi nello stesso deposito, possono avere caratteristiche geotecniche simili, così come si possono riscontrare caratteristiche geotecniche differenti su terreni di analoga composizione granulometrica, in funzione delle infiltrazioni idriche, del grado di consistenza, ecc…
Pertanto, il modello geologico ricostruito su sezione stratigrafica potrà risultare poco corrispondente al modello geotecnico (per esempio: un livello di argille potrebbe risultare molto più addensato e quindi con caratteristiche geotecniche migliori di un livello ghiaioso poco addensato, magari a causa della circolazione di acqua che ne ha asportato i fini).
In considerazione di quanto sopra esposto, risulta evidente l’importanza di eseguire il maggior numero di indagini possibili, per poter meglio caratterizzare il volume di terreno interessato.
PROVE PENETROMETRICHE DINAMICHE IN FORO TIPO SPT
Tra le varie prove geotecniche in sito, quella più comunemente utilizzata in ambiente montano è certamente la prova penetrometrica dinamica tipo SPT (Standard Penetration Test).
Come è noto, tale metodologia consiste nell’infiggere tramite battitura un campionatore (tubo aperto) lungo 45 cm, diviso in segmenti da 15 cm, sul fondo del foro di sondaggio a carotaggio continuo.
La prova e la strumentazione per la sua esecuzione sono standardizzate dalle norme: ISSMFE (Associazione Geotecnica Internazionale) che ha emesso la procedura di riferimento (ISOPT 1-1988).
Le norme AGI 1977 prevedono che il campionatore può essere sostituito da una punta chiusa in caso di terreni granulari ove gli elementi hanno diametro maggiore di quello del tubo campionatore (circa 4 cm). La punta conica ha dimensioni e angolo definiti dalle norme.
Vantaggi
- Permette di indagare le caratteristiche di consistenza del terreno nel foro di sondaggio alla profondità voluta.
- È standardizzata.
- Giacché viene effettuata in foro di sondaggio è possibile conoscere direttamente il tipo di materiale indagato ed è possibile superare eventuali ostacoli, come i trovanti, tramite la prosecuzione della perforazione.
- Può essere eseguita in qualsiasi tipo di terreno fino alle rocce tenere.
- Esistono numerose formulazioni per la definizione dei parametri geotecnici.
Svantaggi
- È discontinua.
- Non è molto adatta per terreni coesivi.
- Per la sua esecuzione necessita di una perforatrice adeguata, in genere piuttosto ingombrante.
- I risultati possono essere influenzati dalle caratteristiche dell’attrezzatura, dalle modalità esecutive e dalla professionalità del manovratore.
In considerazione di quanto sopra descritto, e considerate le varie metodologie di indagine, risulta evidente che le prove SPT, accompagnate dai sondaggi geognostici a carotaggio continuo, rappresentano la tecnica che meglio si presta per indagare stratigraficamente e geotecnicamente i terreni complessi.
Dalle numerose esperienze in vari cantieri, risulta particolarmente importante effettuare frequenti prove SPT lungo la stessa verticale.
Ciò è fondamentale per sopperire allo svantaggio della discontinuità delle prove, soprattutto se eseguite in terreni eterogenei. In genere è opportuno prevedere una prova ogni 1,5 m. Prove ad intervallo minore rischierebbero di disturbare il terreno per la prova successiva (l’intervallo di 1,5 m è raccomandabile anche perché corrisponde alla lunghezza del carotiere normalmente utilizzato nelle terebrazioni).
ALTRI TIPI DI INDAGINE GEOTECNICA IN SITO
INDAGINI GEOFISICHE
I metodi geofisici sono utilizzati per l’indagine indiretta del terreno.
Sono note due categorie fondamentali di prove geofisiche: i metodi elettrici e sismici.
Vantaggi
- Possono essere effettuate senza disturbare il terreno
- La strumentazione utilizzata è piuttosto semplice e facilmente trasportabile
- Permettono di indagare i terreni fino a rilevanti profondità, in funzione dell’energizzazione utilizzata.
Svantaggi
- La stratigrafia è definibile empiricamente solo tramite abachi.
- E’ sempre opportuna una taratura sui terreni in sito ed un confronto con sondaggi geognostici.
- I terreni morenici sovraconsolidati sono difficilmente distinguibili dalla roccia tenera.
- Non è possibile indagare grandi profondità se non vi è uno spazio adeguato per gli stendimenti.
- I parametri ottenuti sono relativi alla deformazione del terreno. Pertanto è necessario un approccio progettuale sulle deformazioni e non sulla resistenza al taglio.
PROVA PENETROMETRICA DINAMICA CONTINUA DP
La prova penetrometrica dinamica DP (Dynamic Probing), consiste nell’infissione per battitura continua di una punta collegata ad aste graduate.
Le prove penetrometriche dinamiche DP sono normate dalla procedura di riferimento delle norme ISSMFE (1988), che distingue vari tipi di penetrometro in funzione del peso del maglio.
Vantaggi
- La prova è continua e quindi permette di indagare il terreno senza interruzione in tutto il suo spessore.
- Il metodo prevede l’utilizzo di attrezzature semplici e facilmente trasportabili.
- La prova è piuttosto rapida da eseguire.
Svantaggi
- Con il penetrometro leggero non va mai superata la profondità di indagine di 8-10 m, in quanto risulta assai difficile mantenere la verticalità.
- Solo il penetrometro super pesante può essere utilizzato per profondità di 20-30 m.
- Il penetrometro dinamico va utilizzato soprattutto in terreno granulare. Le prove risultano poco significative in terreni argillosi.
- Nell’eventualità di intercettare un trovante nei depositi glaciali la prova si interrompe.
PROVA PENETROMETRICA STATICA CPT E CPTU
La prova penetrometrica statica CPT (Cone Penetration Test) consiste nell’infiggere nel terreno una punta a velocità costante, misurando con continuità la pressione necessaria per mantenere la velocità costante.
La prova CPT è molto utilizzata ed è regolamentata dalle norme ISSMFE, inclusa negli Standard ASTM (D3441-86).
Vantaggi
- Rapidità di esecuzione.
- Buona attendibilità dei risultati.
- Abbondante bibliografia al riguardo.
- Possibilità di misurare direttamente la pressione idrostatica.
- Possibilità di ricostruire una stratigrafia orientativa in terreni omogenei.
Svantaggi
- Applicabile solo ai terreni fini da argillosi a sabbiosi, omogenei.
- La presenza di elementi lapidei grossolani come trovanti, anche se di piccole dimensioni, possono falsare la
- prova o addirittura interromperla.
- Nessuna possibilità di vedere il terreno attraversato
- Delicatezza della strumentazione.
PROVA PRESSIOMETRICA
La prova pressiometrica è un sistema di indagine abbastanza diffuso, che si applica a gran parte dei terreni.
Lo scopo della strumentazione è proprio quello di quantificare la deformabilità del terreno.
Vantaggi
- Metodologia piuttosto versatile
- Applicabile in gran parte dei terreni
- Possibilità di misurare direttamente la deformazione laterale
- Possibilità di risalire ai parametri geotecnici di resistenza al taglio tramite formule empiriche.
Svantaggi
- Rischio di ottenere dati non corretti se le pareti del foro sono state disturbate dalla perforazione. In questo caso sarebbe preferibile l’uso del pressiometro autoperforante, ma lo stesso non è utilizzabile in terreni complessi.
- Si ottengono informazioni solo nella direzione orizzontale del terreno.
- Meno diffusa delle prove SPT nelle aree di esperienza.
ASPETTI APPLICATIVI GENERALI DEGLI SPT
Di seguito si descrivono i principali parametri geotecnici valutabili dalle prove SPT e alcune delle relazioni matematiche utilizzate per il calcolo degli stessi.
- Densità relativa (Dr): è il parametro fondamentale ottenuto; infatti le prove SPT evidenziano soprattutto il grado di addensamento del terreno.
- Angolo d’attrito (φ): viene ricavato da relazioni empiriche che possono dipendere dalla Dr o direttamente dal numero di colpi.
- Coesione (Cu): non esistono molte correlazioni tra SPT e coesione. Le relazioni prese in considerazione sono quelle del DM-7 (Design Manual for Soil Mechanics, Fondations and Earth Structures), relative ad argille di bassa plasticità, media plasticità ed elevata plasticità), valide per argille in termini di tensioni totali (condizioni non drenate).
- Modulo di deformabilità (E): al riguardo esistono numerose relazioni empiriche, i cui risultati sono spesso, però, assai differenti tra loro.
Va ricordato, che il valore NSPT risultante dalla semplice somma del n° di colpi non è indicativo della reale resistenza del terreno, in quanto il rendimento della battuta e la pressione litostatica influenza la prova. In considerazione di ciò la somma dei colpi per 30 cm va corretta, ottenendo un valore chiamato N’SPT.
PRINCIPALI RELAZIONI MATEMATICHE UTILIZZATE NELL’INTERPRETAZIONE DEGLI SPT
Una lista completa delle relazioni matematiche utilizzate nell’attività professionale, accompagnate da un breve commento sulla loro applicabilità, si trova nella pubblicazione allegata e viene qui omessa per brevità.
SUGGERIMENTI PER UNA CORRETTA INTERPRETAZIONE DELLE PROVE SPT IN TERRENI COMPLESSI
Si ricorda che le formulazioni presenti in bibliografia sono riferite a terreni limosi, sabbie, limi argillosi o ghiaino, quindi, teoricamente, poco correlabili a terreni complessi.
Nel presente lavoro vengono introdotti utili suggerimenti nella procedura di interpretazione dei risultati ottenuti dalle formulazioni esistenti, senza proporne di nuove (ciò potrebbe costituire, invece, un interessante filone di ricerca futura).
Per scegliere valori di parametri verosimili, è di fondamentale importanza confrontare i diversi risultati ottenuti dalle varie formulazioni. Giacchè spesso i valori sono molto differenti, la scelta dovrà essere effettuata anche sulla base delle esigenze di progetto (tipo di opera e durata), delle evidenze di campagna, nonché dall’esperienza personale in terreni simili.
Altro aspetto importante nell’analisi dei terreni complessi, è la comparazione dei dati ottenuti dagli SPT con quelli ricavati con metodi alternativi, come la back analysis e le analisi di laboratorio (si ricorda che le analisi di laboratorio non sono sempre possibili per la difficoltà di prelievo dei campioni e comunque hanno un significato puntuale e difficilmente estrapolabili all’intero volume di interesse).
PROBLEMATICHE RELATIVE ALLA STRATIGRAFIA
Risulta di fondamentale importanza scegliere i parametri ricavati dagli SPT avendo ben presente la stratigrafia del terreno nel punto in cui la prova è stata effettuata, per i seguenti motivi:
- Gli SPT sono definiti in geotecnica come prova rapida, quindi in terreni/livelli coesivi è da considerarsi tipo UU.
In terreni complessi (ghiaia e ciottoli in variabile percentuale di matrice fine limoso-argillosa) è necessario poter distinguere un terreno a comportamento “prevalentemente coesivo” da un terreno a comportamento “prevalentemente attritivo”. Per tale scopo è necessario differenziare il terreno “matrice sostenuto” (matrice che separa gli elementi lapidei) da quello “clasto sostenuto” (elementi lapidei a contatto). Normalmente la percentuale di matrice fine che distingue le due condizioni è intorno al 20%. La geotecnica insegna che in terreni prevalentemente coesivi va considerato solo il valore della coesione non drenata (Cu), mentre in terreni prevalentemente attritivi solo il valore di angolo di resistenza al taglio (?). - Nell’eventualità di un rifiuto, è necessario verificare se tale dato corrisponde effettivamente ad un elevato addensamento del terreno, o se invece ha solo un significato puntuale causato dalla presenza di una concentrazione di ciottoli, o di un trovante. In questi casi non si dovrà tener conto della prova e sarà necessario proseguire con la verifica di quella successiva.
- In materiale non lapideo si potrà considerare la prova conclusa se per almeno tre prove consecutive si ottiene “rifiuto” (quindi saranno stati indagati approssimativamente 4 m di terreno molto compatto).
- Normalmente, in uno stesso tipo di materiale, il grado di addensamento aumenta con la profondità. Nei casi di terreni poggianti su un substrato soggetto a sprofondamento carsico, con fenomeni di richiamo di materiale dal basso (zone di cavità – fenomeno spesso riscontrato nei terreni ricoprenti rocce gessifere incarsite in Dolomiti), può essere riscontrato il fenomeno opposto, cioè la sensibile riduzione in profondità del n° di colpi N’SPT a parità di tipologia di terreno. Questo fenomeno è riscontrabile solo eseguendo prove SPT molto frequenti.
CONSIDERAZIONI PARTICOLARI SULL’INTERPRETAZIONE DEI PARAMETRI IN TERRENI COMPLESSI.
Nei terreni complessi, come i depositi glaciali, l’applicazione delle leggi della geotecnica in modo rigoroso sull’interpretazione degli SPT risulta piuttosto limitante e talora poco corretta.
Ci si riferisce soprattutto alla definizione di terreno “prevalentemente coesivo” in cui la bibliografia classica prevede φ=0 e C≠0.
Nei depositi morenici, spesso sovraconsolidati, costituiti in genere da materiale eterogeneo con grossi trovanti, ciottoli, ghiaia e sabbia immersi in una variabile percentuale di matrice limoso-argillosa, è inverosimile che la resistenza sia data dalla sola coesione non drenata Cu.
Le leggi della geotecnica affermano, inoltre, che la stabilità legata alla sola coesione è a “breve termine”. Nel lungo periodo, invece, la stabilità di un terreno dipende fondamentalmente dall’angolo d’attrito, riducendo progressivamente l’effetto della coesione.
Dall’analisi geomorfologica delle aree montane, si può osservare, come spesso siano presenti versanti molto stabili, costituiti da depositi morenici, dotati di pendenze ben superiori a quelle dei valori dell’angolo di resistenza al taglio compatibili con tali materiali. E’ ovvio, che questa evidenza può essere geotecnicamente spiegata solo con una sensibile coesione indotta da un certo grado di sovraconsolidamento della matrice fine. Considerando il criterio di rottura Mohr-Coulomb, è evidente che entrambi i parametri geotecnici collaborano per la stabilità, anche nel lungo periodo. Ciò è stato appurato in molti casi studiati nell’attività professionale, ove è stato necessario considerare entrambi i parametri di resistenza al taglio, valutati dalle prove SPT, per giustificare proprio le evidenze stratigrafiche e geomorfologiche, dalle quali non è possibile prescindere.
In particolare, per quanto riguarda la coesione il valore ritenuto più verosimile è quello ricavato dalle DM-7 riferite alle argille a bassa plasticità, valutato considerando il numero di colpi corretto (N’). L’angolo d’attrito viene definito scegliendo un valore verosimile tra quelli minori (perché comunque riferito a materiale fine) stimati con le varie formulazioni precedentemente riportate.
La scelta di questo tipo di approccio è stata in genere confortata anche dai risultati di back analysis che permettono la modellazione del comportamento di insieme del terreno ricavando coppie di parametri C e φ simili a quelli valutati dagli SPT.
RICOSTRUZIONE DI UN MODELLO GEOTECNICO DA PROVE SPT
In pratica per ricostruire un modello geotecnico utilizzando le prove SPT si propone di:
- Definire alcune classi geotecniche omogenee scegliendo gli intervalli di n° di colpi corretto N’SPT (in funzione della loro distribuzione).
- Ad ogni classe attribuire un intervallo di parametri ricavati applicando le differenti formulazioni in uso e poi scegliendo i valori più appropriati, come precedentemente descritto.
- I parametri di ogni classe non necessariamente saranno consecutivi, ma dipendenti dal calcolo effettivo degli stessi.
- Se ad ogni classe si associa un colore, è possibile ricostruire una o più sezioni geotecniche, (sovrapponibili alle corrispondenti sezioni geologiche). Sarà quindi possibile verificare se esistono o meno corrispondenze tra stratigrafia e geotecnica.
ESEMPI PRATICI TRATTI DA STUDI ESEGUITI
possono essere trovati nella pubblicazione allegata, qui omessi per brevità.
CONCLUSIONI
Come è noto in condizioni geologicamente complesse sarebbe molto importante utilizzare e confrontare più metodi di indagine. Purtuttavia questo non è sempre possibile.
Pertanto, dall’esperienza derivante dall’attività professionale, è risultata molto utile l’applicazione degli Standard Penetration Test e soprattutto è risultato di fondamentale importanza eseguire molte prove SPT nei sondaggi geognostici a carotaggio continuo.
Da questa nota è anche evidente la necessità che i dati degli SPT siano elaborati con più metodi a confronto, allo scopo di poter scegliere il valore dei parametri geotecnici ritenuti più verosimili.
Nei depositi glaciali (morenici e fluvioglaciali) non sempre vi è corrispondenza tra stratigrafia e geotecnica, ma i due aspetti vanno sovrapposti e confrontati.
Nei depositi glaciali, è risultato che il valore di coesione valutato dagli SPT tramite le DM-7 relative ad argille a bassa plasticità, è ben paragonabile alla coesione in termini di tensioni efficaci.
E’ stato anche evidenziato, che nei depositi glaciali, spesso sovraconsolidati, non è corretto considerare uno solo dei parametri della resistenza al taglio, perchè entrambi (f e C) meglio giustificano le reali condizioni geomorfologiche.
Nei terreni complessi di ambiente alpino, il modello geologico-geomorfologico è di fondamentale importanza per la definizione dei parametri e la ricostruzione del modello geotecnico.
Non è realistico attribuire un significato assoluto ed univoco ai valori dei parametri di un terreno derivati dagli SPT, poi utilizzati per un qualsiasi tipo di calcolo nella progettazione geotecnica delle opere. I parametri devono essere, invece, presi in considerazione in funzione dell’opera da realizzare (tipologia e tempo di esercizio).
Articolo tratto dalla pubblicazione “INTERPRETAZIONE DELLE PROVE SPT IN TERRENI COMPLESSI”
di Ennio Chiesurin
Geologo, libero professionista
L’articolo è stato pubblicato sulla rivista GEAM – aprile 2012. La pubblicazione completa è disponibile qui: Prove SPT in terreni complessi